… e perché riguarda anche la formazione.
L’intelligenza artificiale è ormai parte della quotidianità professionale di tutti noi: chi scrive una mail con l’aiuto di un assistente generativo, chi usa Copilot per automatizzare operazioni su Excel o chi traduce un documento con un prompt in ChatGPT. Tutto questo rende sicuramente il lavoro più rapido e più efficiente. Ma dietro a questa apparente semplicità si nasconde una nuova sfida per le aziende: il controllo sull’uso dell’AI.
Quando l’intelligenza artificiale opera nell’ombra
Il termine Shadow AI indica l’uso non autorizzato o non monitorato di strumenti di intelligenza artificiale all’interno di un’organizzazione. Si verifica quando dipendenti o team adottano applicazioni generative di propria iniziativa, spesso con le migliori intenzioni – per risparmiare tempo, migliorare la produttività o testare nuove soluzioni – ma senza un quadro di governance definito.
Il rischio? Che informazioni riservate vengano condivise inconsapevolmente con sistemi esterni, che dati sensibili finiscano su piattaforme non sicure o che i risultati generati dall’AI non siano verificabili o coerenti con le policy aziendali.
La Shadow AI, insomma, non nasce da cattive pratiche deliberate, ma da una combinazione di curiosità, mancanza di linee guida e – soprattutto – assenza di formazione adeguata.
L’AI Act e la responsabilità condivisa
Per regolare questo fenomeno e limitarne le conseguenze negative, l’Unione Europea ha introdotto un quadro normativo, noto come AI Act, che chiede a tutte le organizzazioni di garantire trasparenza, tracciabilità e supervisione umana nell’uso dell’intelligenza artificiale.
La legge non riguarda solo chi sviluppa algoritmi, ma anche chi li utilizza: aziende, enti pubblici, istituti di formazione, professionisti.
Questo implica una responsabilità condivisa, così come la necessità di strutturare strategie di governance dell’AI a tutti i livelli.
Policy e formazione: le due leve per ridurre la Shadow AI
Affrontare il fenomeno non significa “vietare” l’uso dell’intelligenza artificiale, ma creare un ambiente regolato, consapevole e trasparente.
Le aziende possono agire su due fronti complementari:
- Definire policy chiare e operative:
- Mappare gli strumenti di AI autorizzati e le aree in cui possono essere utilizzati.
- Stabilire regole sull’uso dei dati: cosa può essere condiviso, cosa no, e con quali livelli di autorizzazione.
- Creare un canale interno per la segnalazione o la richiesta di approvazione di nuovi strumenti.
- Inserire l’AI governance all’interno delle policy di cybersecurity e data protection già esistenti.
- Mappare gli strumenti di AI autorizzati e le aree in cui possono essere utilizzati.
- Investire nella formazione aziendale:
Oltre alla definizione delle policy, la formazione è la chiave per passare da un uso “ombra” a un uso “consapevole” dell’intelligenza artificiale.
I percorsi formativi possono includere:
- Corsi introduttivi sull’AI generativa, per spiegare come funzionano i modelli e quali limiti hanno.
- Moduli pratici sul prompt design e sull’uso etico dell’AI nei processi quotidiani.
- Training su sicurezza e privacy, per aiutare i dipendenti a riconoscere i rischi legati alla condivisione dei dati.
- Laboratori o simulazioni interne, per sperimentare in modo controllato come l’AI può migliorare attività specifiche, dalla comunicazione al reporting.
Una cultura aziendale matura in tema di AI non si costruisce con un documento di policy, ma con la formazione continua, il dialogo e la condivisione di buone pratiche.
L’elearning come leva strategica
Per le aziende e le piattaforme di elearning, questa trasformazione rappresenta un’occasione concreta.
Le tecnologie generative possono diventare strumenti didattici potenti, ma solo se chi le utilizza ha le competenze per farlo in modo responsabile.
Corsi mirati sull’AI governance, microlearning sulla sicurezza dei dati o moduli blended che combinano teoria e simulazione possono supportare l’organizzazione nel creare consapevolezza diffusa e sostenibile.
La Shadow AI, in fondo, non è un nemico da eliminare: è il sintomo di un bisogno di conoscenza. E come spesso accade nel mondo della formazione, la risposta non è vietare, ma educare all’uso corretto dell’innovazione.
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