Nelle ultime settimane su alcuni blog dedicati alla didattica scolastica, primo tra tutti l’ottimo blog di Gianni Marconato, si è fatto un gran parlare del perchè l’impiego scolastico della tecnologia sia tendenzialmente fallimentare.
Gianni scrive provocatoriamente che le tecnologie non servono, e poi argomenta ulteriormente la sua posizione con un chiarificatore “a meno che…“, che riassumerei così: “le tecnologie non servono se nonle si sa usare, e se non si sa cosa farci”.
Beh, questa è sostanzialmente la posizione che sosteniamo anche su questo blog ormai da due anni, e rispecchia l’approccio che cerchiamo di portare in tutte le aziende con cui collaboriamo. In questi anni di lavoro quotidiano con strumenti web-based, e di confronto con aziende e istituzioni che avevano problemi da risolvere e si aspettavano da noi delle soluzioni, ci siamo fatti un’idea piuttosto precisa di quale sia il problema di fondo dietro ogni fallimento attribuito alla tecnologia.
Il metodo che portiamo avanti, e che finora ha funzionato con ottimi risultati, consiste semplicemente in un cambio di prospettiva: non si parte dalla tecnologia, ma dalla situazione organizzativa, dai processi e dagli obiettivi. POI si decide come impiegare gli strumenti, ma non bisogna pensare che gli strumenti, di per sè, possano risolvere un problema organizzativo. Sarebbe come aspettarsi che un martello scolpisse da solo una statua.
Non dico che sia facile, ma quando si riesce ad applicare questo metodo alla fine funziona davvero tutto. Perchè in azienda alla fine funziona, e in ambiti istituzionalizzati (nella scuola, negli enti di formazione, nei progetti realizzati entro bandi di finanziament) invece ancora no?
Credo che la risposta sia semplice, anche se sgradevole: perchè chi decide dall’alto è incompetente, e non considera la qualità dei risultati una leva interessante.
Direttive e bandi sono determinati senza nessun coinvolgimento progettuale di tecnici competenti, esperienze pregresse positive o negative non vengono mai messe a sistema ma regolarmente ignorate e ogni volta si riparte da zero, si è sempre nella sperimentazione e non si arriva mai al metodo… non so perchè, ma pare che in Italia tutto ciò che è istituzione finisca per degenerare in un sistema marcescente in cui i risultati sono lasciati completamente alla buona volontà dei singoli operatori, senza nessun tipo di supporto dall’alto.
E così gli insegnanti sono lasciati da soli nell’adozione di strumenti tecnologici a supporto dei loro percorsi didattici, ma senza avere competenza nella gestione tecnica di questi strumenti. Insegnanti bravissimi, con una volontà e un’intraprendenza che sfiorano l’eroismo: ma non funzionerà mai se non potranno lavorare con il supporto di direttive sensate e l’affiancamento di consulenti che li aiutino nell’integrazione della tecnologia nella loro didattica. Solo così queste esperienze potranno arrivare ad un’applicazione consapevole e diffusa anche al di fuori delle sperimentazioni (per quanto magari eccellenti) dei singoli insegnanti.
Non basta avere la tecnologia per farla funzionare, bisogna saperla usare. E poi bisogna avere la possibilità di tradurre questa esperienza in metodologia.
26 ottobre, 2009 at 7:24 PM
Concordo pienamente
Il modo in cui si è gestita dall’alto l’introduzione di nuove tecnologie con faraonici progetti, forse i più grossi corsi di e-larning mai effettuati in italia (perlascuola, monfortic, scuola e servizi, ecc.) e che hanno coinvolto qualche centinaio di migliaia di docenti, non ha avuto nessuna ricaduta nella didattica di tutti i giorni. Mentre migliaia di iniziative nate dal basso (blog, forum, ecc.) grazie all’impegno di singoli docenti e studenti, e che talvolta conseguono ottimi risultati, non vengonosupportate in nessun modo, valorizzate e messe a sistema. L’impressione è proprio quelle di dover sempre ripartire da zero, una specie di infinita fatica di Sisifo …. 😦
26 ottobre, 2009 at 8:11 PM
Ciao Gianfranco, grazie per il tuo commento… anche se quando scrivo queste cose spero sempre che qualcuno venga a dirmi che non ho capito niente e che le cose in realtà funzionano.
3 dicembre, 2009 at 4:08 PM
Concordo con Gianfranco, inoltre acronimi come CMS LMS scorm learning object e più in generale l’esporre certe tematiche con un tecnicismo esasperante non sono certamente rassicuranti per la maggior parte di docenti e studenti. La semplicità nel fruzione delle nuove tecnologie credo sia alla base dell’apprendimento a partire dal linguaggio utilizzato. Tempo fa ho acquistato un testo in italiano sull’elearning, non ho trovato alcun manuale di istruzioni allegato, per poterlo comprendere senza addormentarmi eppure il mio QI è nella media.
Spero trapeli l’ironia.
8 dicembre, 2009 at 10:30 am
Ciao Roberto, sono daccordo che una semplificazione del linguaggio possa sempre aiutare la diffusione delle conoscenze, ma i termini che citi sono tutti nomi di strumenti, tecnologie o standard che non è proprio possibile eliminare o sostituire senza complicare ulteriormente e inutilmente i discorsi. Inoltre è normale che ogni disciplina abbia un suo linguaggio, capita sicuramente anche per la formazione tradizionale. Un certo utilizzo di acronimi o termini tecnici insomma credo sia inevitabile (con moderazione): il problema si genera quando i tecnicismi e gli strumenti che descrivono diventano più importanti della metodologia e della sua applicazione pratica.