Ne abbiamo parlato con Alessandro Enna, academy manager di Festo, che ci ha raccontato l’evoluzione di questa modalità da prima della pandemia a ora.
Innanzitutto, Alessandro, che definizione daresti di “flex”? E in cosa si distingue dal “blended”?
Il termine “flex” indica momenti di formazione che permettono formale apprendimento sia per le persone presenti fisicamente in aula che per quelle collegate da remoto. Le aule flex sono, dunque, aule “miste”. Non tutti gli argomenti e le didattiche si prestano perfettamente a questa modalità. In generale, è più adatta per trattare case history, per la deduttiva o per fare qualche lavoro di gruppo utilizzando strumenti di collaborazione (come ad esempio Mirò o Lucidchart). Si presta meno, invece, alle simulazioni fisiche e al gaming.
Il “blended” è invece un concetto più ampio di instructional design e indica un percorso didattico progettato sin dall’inizio come realtà, per così dire, ibrida che include diversi strumenti e modalità. Un corso, ad esempio, può essere pensato per prevedere: 1 ora di pre-assessment, 1 ora di overview, qualche ora di elearning, 4 ore di webinar, 2 giorni in aula per laboratorio e gaming.
Come avete iniziato a utilizzare la modalità flex in Festo Academy e cosa è accaduto con la pandemia?
Già prima della pandemia, la modalità flex era conosciuta in Festo, ma era utilizzata soprattutto per i meeting aziendali digitali. In quelle occasioni, non ci si preoccupava tanto dell’interazione, quanto della qualità dell’audio e della possibilità di condividere documenti. Poi, essendo Festo in primis una società di consulenza per operations e industrial design, la modalità flex veniva usata anche per il lavoro di gruppo mediante l’utilizzo di strumenti di collaborazione spinta.
Con la pandemia abbiamo avuto, inizialmente, un blocco totale delle attività in presenza e abbiamo attivato velocemente webinar in modalità full virtual. Quando abbiamo capito che l’emergenza sarebbe durata a lungo, abbiamo cercato di trovare altre soluzioni accettabili, soprattutto per i training che presentavano una parte pratica. Quindi, tra marzo e aprile abbiamo sperimentato nuove soluzioni flex con piccoli gruppi su alcune iniziative pilota. In quella fase, abbiamo tentato di capire come ridisegnare alcuni corsi e come preparare i nostri trainer a gestire aule miste. In quel periodo abbiamo anche fatto alcuni esperimenti interessanti, come un game sulla gestione di un magazzino logistico in modalità flex. Utilizzando diverse videocamere e digital room in cui si potevano confrontare le squadre miste, abbiamo portato a termine il gioco. Per fare questo, tuttavia, è necessaria una dettagliata programmazione, una struttura solida, tecnologia, tempo e trainer coraggiosi.
A partire dalla pandemia, diresti che la modalità flex è diventata standard?
A parte l’esempio estremo che abbiamo appena fatto, direi che il flex è ormai quasi standard. Al di là del covid, molti discenti si sono resi conto dei vantaggi di questa modalità. Avevamo già osservato questa tendenza nell’estate del 2020: le cose sembravano essere tornate quasi alla normalità, ma alcuni clienti continuavano a chiedere di poter seguire da remoto. Il vantaggio del flex è che, per così dire, si sviluppa sia in senso orizzontale che verticale. Da una parte indica, come visto prima, lezioni con discenti in presenza e connessi da remoto allo stesso tempo; dall’altra, descrive una modalità di partecipazione più “flessibile” in percorsi di formazione lunghi. Molti discenti, ad esempio, cominciano in presenza ma chiedono di seguire alcune lezioni da remoto (per esigenze personali o lavorative). In quel caso, è sufficiente che ci avvertano qualche giorno prima, o anche solo il giorno prima, in modo da preparare gli strumenti necessari e garantire un’esperienza didattica di qualità.
Quali sono gli elementi critici da presidiare con il flex ? Riuscite ad allestire qualunque aula per questa modalità?
Innanzitutto è fondamentale preparare i trainer; una delle difficoltà più grandi della modalità flex è garantire l’interazione anche con i partecipanti in remoto, perché il trainer è portato naturalmente a interagire con i quelli in aula. Per facilitare il coinvolgimento di tutti, diamo molto importanza all’aspetto visivo. Con l’aiuto di camere, schermi, monitor e beamer posizionati strategicamente, facciamo in modo che tutti possano vedere tutti senza difficoltà.
L’altro aspetto critico è l’audio. Il partecipante collegato in remoto rischia di perdersi parte dell’audio relativo alle interazioni in aula, soprattutto quando quest’ultima è grande. Anche in questo caso abbiamo lavorato in due direzioni: mettendo a disposizione buoni microfoni ben posizionati e facendo in modo che il trainer coinvolga i partecipanti da remoto ripetendo le domande o utilizzando la lavagna digitale. Con questi accorgimenti, la qualità media percepita è buona, anche se c’è ancora molto da migliorare. Chi partecipa da remoto, comunque, sacrifica volentieri la qualità dell’audio in favore del privilegio di poter seguire la lezione via internet.
Per rispondere alla seconda parte della domanda: con la struttura che abbiamo, riusciamo ad allestire quasi ogni aula, ma è necessario sempre programmare e organizzare per tempo per garantire una buona esperienza di apprendimento.
Per quanto riguarda la vostra offerta formativa, prevedete già tutto anche in flex? O ci sono tipologie di contenuti che progettate solo in una modalità o in un’altra?
Da questo punto di vista, abbiamo un’offerta dedicata per ciascuna modalità. Quindi abbiamo una proposta webinar, una proposta blended, una flex+blended ecc. Come dicevamo prima, non tutti i contenuti si adattano alla modalità flex. Tuttavia, se c’è la necessità e la richiesta, dopo aver valutato gli aspetti tecnici per capire se realizzabile, possiamo adattare alla modalità flex anche corsi che non erano stati progettati in questo senso. Il flex, ad esempio, si adatta bene ad alcuni nostri prodotti top come gli executive masters. In corsi che, invece, prevedono una parte tecnica, come ad esempio un corso per manutentori, è più difficile. In questi casi va esercitata la manualità e la memoria muscolare e si può ovviare con una soluzione blended: 16 ore da remoto e 16 in laboratorio. Forse in futuro, con l’avvento di 3D e Hololens riusciremo anche a fare flex in questo ambito, in particolare ricerca e sviluppo, ma è ancora tutto da vedere.
Grazie ad Alessandro Enna, che ci ha spiegato in maniera articolata cosa significhi modalità flex e ce ne ha illustrato i vantaggi. Se ti sei perso l’intervista sul webinar con Gianpaolo Negri di Festo Academy, clicca sul link.
About Festo:
Festo Academy
Festo Academy è l’Industrial Management School che opera sui temi dei processi industriali, dell’organizzazione e della gestione d’impresa con Executive Master, Percorsi di ruolo e iniziative formative.
La sua missione è supportare le aziende nell’espressione del loro massimo potenziale attraverso l’ampliamento e lo sviluppo delle competenze delle proprie risorse umane.
Festo Academy e Festo Consulting fanno parte del gruppo industriale multinazionale Festo A.G., leader nel settore dell’automazione industriale, costantemente rivolto all’innovazione e alla valorizzazione delle persone.
Festo Academy Home Festo Consulting Home
Festo Academy è:
Affiliate del Demand Driven institute
ATP del Project Management Institute (PMI )
Ente di certificazione per le competenze di Manutenzione (EN 15628 ) e tecnologie fluidiche (CETOP)
Collabora con Scrum Alliance e Scrum.org
Certificata Iso 9001 come società di consulenza e formazione EA37
Rispondi